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TREND IS YOUR FRIEND, DON'T FIGHT THE FED

18 Gennaio 2023

Le principali borse mondiali hanno iniziato il 2023 mettendo a segno un numero importante di sedute a rialzo  portandosi, in alcuni casi, a una distanza ridotta dai massimi assoluti.

A partire dall’ottobre 2022 i listini azionari hanno segnato un aumento di circa il 25%. Questo incremento delle quotazioni è stato dettato da diverse ragioni, alcune “fondamentali” altre tecniche; tuttavia la di là delle ragioni che sono alla base dell’aumento delle quotazioni, rimane il fatto che sembra trattarsi di un rialzo che, in termini di ampiezza e durata, assume le caratteristiche di un trend e non di un semplice rimbalzo.

Quando si è in trend (ammesso che lo si riconosca), è buona regola rimanerci dentro: trend is your friend appunto.

Questa frase, dal carattere vagamente onomatopeico, tende a rimarcare che, quando i mercati vanno costantemente in una direzione, non è conveniente prendere una posizione ostinata e contraria e che le ragioni fondamentali, macroeconomiche e geopolitiche che giustificherebbero una operatività “contro mercato” non rappresentano un metodo vincente per il trading sui mercati.

In questo scenario: l’avversione al rischio è andata via via diminuendo e da ottobre 2022 ci troviamo sostanzialmente in un trend a rialzo che coinvolge le azioni e in parte anche i tassi. Il rialzo dei corsi azionari è stato infatti accompagnato da un ribasso dei tassi di interesse che ha permesso il recupero dei corsi di Bond governativi e corporate.

Sono diversi i fattori che hanno portato a un così cospicuo recupero di fiducia, tra questi le aspettative sull’andamento dei tassi di interesse sono il vero driver che ha dato il maggiore impulso. Ovviamente la compressione dei listini e l’impressionante perdita di valore dei bond nel corso del 2022 avevano creato condizioni di ipervenduto eccezionali favorendo il rimbalzo, ma le dimensioni dell’attuale recupero non erano, dai più, pronosticate.

Se la dinamica dei tassi di interesse è quindi la principale variabile che muove i listini, dobbiamo partire da qui per la riflessione successiva. Le azioni delle Banche centrali condizionano le aspettative degli investitori e, con l’esplosione dell’inflazione, il rialzo dei tassi è stato il principale fattore alla base degli storni di fine 2021 e del 2022. Nei mesi più recenti ha però preso piede la convinzione che le manovre restrittive di tutte le Banche centrali potessero essere rallentate da segnali di raffreddamento dei prezzi ed a ogni pubblicazione di dati, che confermava l’ipotesi di una frenata dell’inflazione, abbiamo assistito a una accelerazione a rialzo delle quotazioni.

Queste dinamiche dei mercati sono comprensibili: non c’è dubbio che di fronte a dati fortemente positivi possa continuare il flusso di liquidità verso gli asset rischiosi; tuttavia, non bisogna ignorare la retorica di Powell e degli altri banchieri centrali.

In più occasioni FED e BCE hanno ribadito che il percorso a rialzo dei tassi non sarebbe concluso e che i segnali di raffreddamento dell’inflazione non giustificano le aspettative ottimistiche di chi auspica una inversione della politica monetaria.

Da inizio anno i listini azionari salgono e i tassi di interesse scendono alimentando la narrazione risk-on. Il movimento è caratterizzato da una volatilità molto bassa, tipica delle fasi in cui si attende qualcosa che dia una direzione chiara ai mercati.

A breve verranno pubblicati i nuovi dati relativi all’inflazione sia in USA che in Europa e avremo anche nuovi dati sulla disoccupazione USA. Nel frattempo, la stagione degli utili USA sta iniziando e potremo quindi verificare la solidità della scommessa rialzista delle borse.

C’è comunque una cosa certa: andare contro le Banche centrali a lungo non è solitamente una buona idea.

Con mercati che hanno recuperato così tanto, volatilità molto bassa, molti dati in via di pubblicazione e soprattutto una FED non molto accomodante sia nei modi che nelle parole, un atteggiamento prudente sembrerebbe opportuno.

Don’t fight the Fed.

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