IL CONSENSO

28 Dicembre 2023

L’anno che sta per terminare è stato complessivamente positivo per gli investitori. I principali mercati azionari hanno globalmente fatto registrare ritorni a due cifre e le obbligazioni hanno, mediamente, recuperato i rendimenti di fine 2022.

Citando le performance di alcuni indici principali registriamo il +25% circa dell’S&P 500, il +20% dell’Eurostoxx 50, il quasi +30% del Nikkei 225 e il +20% circa del Nifty 50. Ancora più incredibili i ritorni del Nasdaq 100 che con un +45% ha trascinato a rialzo le borse mondiali (tra cui la borsa italiana che ha segnato un +30% circa). A questo gruppo di vincenti ha fatto da controaltare il mercato cinese che ha perso ancora terreno con perdite che vanno dal -5 al -14% (a seconda dei listini osservati).

Dopo un anno molto pesante, il 2022, non erano in molti a credere in una evoluzione così positiva e se andassimo a rileggere le previsioni che molti analisti facevano sul finire dello scorso anno noteremmo che tutti erano molto cauti, per non dire pessimisti.

I temi principali che influenzavano le previsioni (e i comportamenti) degli investitori erano principalmente legati alle manovre restrittive delle banche centrali: con rialzi così importanti e veloci dei tassi le economie non potranno che rallentare fortemente ed entreranno in recessione, questo era, in sintesi, ciò che faceva pensare ad un 2023 ancora difficile. Alla base dello scetticismo c’era, anche, l’impressione che nonostante gli sforzi di FED e BCE l’inflazione avesse minato alle fondamenta la solidità delle economie e che il combinato disposto di prezzi alti e tassi in salita avrebbe inferto colpi durissimi ai bilanci degli Stati e delle aziende.

Questo tipo di visione non era del tutto sbagliata ma, come spesso accade, sui mercati si cercava anche di guardare oltre l’evidente e di scorgere segnali diversi. Mentre si dibatteva sugli effetti che l’inflazione e le politiche monetarie restrittive avrebbero avuto sui listini, nel mondo più dinamico e promettente (quello della tecnologia) si è affermata l’idea che la nuova frontiera dello sviluppo, l’intelligenza artificiale, fosse ormai alle porte.

Il Nasdaq ha quindi cominciato il 2023 a rialzo e, grazie anche al fatto che nell’anno precedente le vendite erano state ben superiori agli acquisti, la spinta a rialzo è diventata sempre più forte. Senza entrare nel dibattito sull’intelligenza artificiale, non c’è dubbio che il 2023 sia stato l’anno in cui si è affermata l’idea che la tecnologia e le sue applicazioni in ogni campo sia un generatore di ricchezza e speranze formidabile, l’unica componente del sistema economico-finanziario che può generare una nuova era evolutiva. Su queste basi hanno continuato ad avere successo le BIG del listino (i magnifici sette) e altre società sono diventate veri e propri giganti del mercato.

Le difficoltà sul fronte obbligazionario hanno invece caratterizzato la prima metà del 2023 e le perdite in conto capitale sono state, parzialmente, uno dei motivi che hanno spinto gli investitori a non vendere azioni ed anzi ad acquistarle. I tassi hanno continuato a salire, seguendo i rialzi delle banche centrali. Durante l’anno abbiamo toccato livelli di rendimento inimmaginabili solo alcuni mesi prima: il bund tedesco a 10 anni è passato da rendimento zero nel marzo ’22 al 3% dell’ottobre 2023 e il 10 anni USA ha raggiunto il 5% nello stesso periodo. Questa continua corsa a rialzo dei rendimenti è stata ovviamente alimentata dalla stretta monetaria e dall’incertezza riguardante l’andamento dell’inflazione. Sui mercati ha continuato infatti a prevalere l’idea che i prezzi non avrebbero avuto un andamento sufficientemente calante tale da indurre la FED e la BCE a terminare la corsa al rialzo dei tassi. In realtà l’inflazione (che non è ancora del tutto eliminata) ha cominciato a dare segni di rallentamento spinta, specialmente, dal ribasso dei prezzi delle materie prime energetiche e dal rallentamento in Cina. Inoltre, l’efficienza del settore privato americano si è rivelata piuttosto importante e le aziende hanno continuato a riportare buoni risultati.

Quando i dati sull’inflazione hanno indicato che il sentiero di rientro dei prezzi andava verso i target delle banche centrali, quest’ultime hanno mandato segnali che i mercati hanno subito interpretato in maniera positiva. Da ottobre, infatti, abbiamo assistito a un rally spettacolare di quasi tutti gli asset finanziari con borse su nuovi massimi e obbligazioni che in due mesi si sono riportate ai livelli di rendimento di inizio anno o addirittura più bassi.

il 2024 parte quindi sulla scia positiva dell’anno che sta per finire ma, come sempre, è impossibile e inutile cercare di pronosticare quali saranno i rendimenti tra 12 mesi.

Possiamo però cercare di identificare dei punti sui quali orientarsi per cercare di non commettere errori fatali.

In primo luogo, ricordare sempre che una asset allocation equilibrata e una diversificazione di portafoglio profonda sono molto più importanti del timing e dello stock picking. Operare per andare alla ricerca del miglior rendimento a 6/12 mesi è, nel lungo periodo, inefficiente.

L’inflazione non è sconfitta, dicevamo, ma sembra appurato che l’esplosione dei prezzi del 2022 è stata un picco alimentato dalla folle corsa a rialzo delle materie prime energetiche e dalle conseguenze della pandemia. Forse hanno operato in ritardo, ma le banche centrali potrebbero non aver avuto torto quando parlavano di inflazione transitoria e allo stato attuale delle cose non è impossibile continuare a vedere i prezzi in rallentamento. Questo potrebbe voler dire che la FED prima e la BCE poi avranno margini per tagliare i tassi e questo, come sappiamo, può aiutare molto i mercati.

L’altro elemento che alla fine ha giocato un ruolo importante nel sostenere i mercati è quello relativo al tema recessione: l’abbiamo tutti annunciata ma non è mai arrivata. In USA addirittura l’economia è cresciuta più del previsto, in India (il nuovo Paese vincente) la crescita è fortissima, in Europa tutto sommato le economie hanno tenuto e l’unica che sta segnando il passo è la Cina.

Dopo anni di perdite, o non guadagni, le obbligazioni sono tornate a generare ritorni positivi e la possibile traiettoria a ribasso dei tassi di interesse potrebbe continuare a sostenere le quotazioni. In un portafoglio bilanciato c’è quindi maggiore spazio per questa asset class.

Il 2024 sarà inoltre un anno molto importante a livello politico; le elezioni USA saranno ovviamente l’appuntamento più importante e decisivo ma ricordiamo che a giugno ci saranno anche le elezioni Europee. Statisticamente nell’anno delle elezioni USA i mercati sono positivi e in molti pensano che sarà così anche questa volta. Bisogna però ricordare che a livello geopolitico siamo in una situazione molto particolare e che mai come in questo periodo, nell’era post guerra fredda, le incertezze sono state così estese.

In realtà, se pensiamo a ciò che è successo dall’invasione russa in Ucraina in poi potremmo tranquillamente affermare che la politica (purtroppo anche la guerra) ha effetti solo di breve periodo sui mercati e che sono le dinamiche economiche profonde a sostenerli, ma è opportuno almeno considerare che la volatilità potrebbe aumentare notevolmente a causa di eventi molto negativi (per esempio una crisi petrolifera causata dal blocco dei traffici marittimi).

Un breve cenno alla Cina e alla sua situazione economica che continua a destare perplessità. La guerra economico-commerciale con gli USA è ormai deflagrata e, almeno per ora, la Cina sta risentendo in maniera pesante del blocco che l’Occidente sta cercando di opporre all’espansionismo di Pechino, inoltre vi sono problemi interni che frenano fortemente la crescita. Sarà probabilmente un altro anno difficile per gli asset cinesi tenendo anche conto della crisi di liquidità che sta mettendo in forte crisi il settore immobiliare; il governo ha sempre affrontato le crisi di mercato in maniera drastica ma non c’è dubbio che senza distensione sul piano internazionale sarà ancora complicato per Pechino riprendersi.

Come ultimo spunto di riflessione guardiamo il sentiment di mercato. Alla fine del 2022 il sentiment e il consensus non erano certamente forti. C’era pessimismo un po’ su tutti i fronti. Questa situazione si traduceva in un atteggiamento molto prudente da parte degli investitori, scarichi di azioni. Il fatto che in molti non avessero investito ha poi generato una corsa agli acquisti perché di fronte a un mercato che sale non c’è niente di peggio che esserne fuori e questo comportamento è stato particolarmente evidente negli ulti 3 mesi.

Oggi forse siamo nella situazione opposta: grande consensus. Ovviamente questo non significa che i mercati scenderanno ma bisogna considerare che la liquidità disponibile è diminuita e che in giro vi sono più potenziali venditori che compratori.

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