UNO SGUARDO AL DOW

26 Ottobre 2023

Il clima dei mercati finanziari in questo inizio di autunno si sta rivelando particolarmente rigido. Il mondo sta affrontando una serie di crisi molto serie, e purtroppo tragiche, che minano nel profondo la fiducia dei popoli e di conseguenza dei mercati. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da shock di varia natura che hanno mutato radicalmente gli equilibri che sussistevano da decenni. La pandemia prima, l’invasione russa dell’Ucraina, la ricomparsa dell’inflazione e la seguente impennata dei tassi poi, avevano già messo a dura prova la stabilità delle relazioni internazionali (si veda il mutato atteggiamento dell’Europa e degli Stati Uniti nei confronti della Cina) e avevano creato un terremoto soprattutto nel mondo dei Bond ma, come se non bastasse, l’esplosione della crisi israelo-palestinese ha aggiunto nuovi elementi di forte preoccupazione.

L’attacco barbaro che ha provocato la morte di 1500 civili israeliani ad opera dei terroristi di Hamas ha confermato, ancora una volta, che in Medio Oriente vi sono condizioni di instabilità pericolose e che alcuni Paesi dell’area sono governati (si fa per dire) da elite violente e profondamente ostili verso l’Occidente. Dopo il 7 ottobre si sono ripalesati gli incubi che si erano già vissuti con gli attentati di Parigi, Londra e Bruxelles e la tensione tra Israele, Hamas, Hezbollah, Iran e Siria è andata via via aumentando. E’ impossibile prevedere l’evoluzione della situazione: gli scenari apparentemente più probabili sono due e con diversi effetti. Se il conflitto, pur inasprendosi, dovesse rimanere circoscritto a livello regionale, le conseguenze potrebbero essere “gestibili” (ovviamente non dal punto di vista umanitario purtroppo); se invece ci fosse un allargamento del conflitto, con il coinvolgimento diretto per esempio dell’Iran, potremmo trovarci di fronte a una situazione di tensione potenzialmente incontrollabile.

In questo scenario geopolitico particolarmente drammatico, non possiamo però dimenticare che i mercati, e più in generale le economie mondiali, sono anche alle prese con la gestione di un repentino cambio di paradigma: il mondo (almeno quello Occidentale e sviluppato) è uscito dall’era della deflazione e della “pace”, per entrare nell’età dell’inflazione e delle guerre commerciali, tecnologiche e climatiche.

La corsa a rialzo dei tassi, resasi necessaria per frenare l’inflazione, ha determinato un movimento correttivo delle obbligazioni che non è ancora terminato. Ovviamente anche le borse hanno risentito del deterioramento del quadro generale ma, è opportuno sottolinearlo, il 2023 è ancora un anno di ritorni positivi per la maggior parte dei listini (con qualche importante eccezione come la Cina). In questa parte finale dell’anno le borse hanno però iniziato a fare i conti con una possibile continuazione della fase restrittiva dei tassi da parte delle Banche centrali. In particolare, la FED deve misurarsi con una economia che continua a fornire segnali di forza (soprattutto sul fronte occupazione) e, nonostante una pausa, Powell ha lasciato intendere che l’attuale livello dei tassi è destinato a rimanere stabile (se non tendente al rialzo) ancora per molto tempo. Sono quindi riapparsi i timori di una recessione, o quanto meno di un rallentamento marcato, e ultimamente i corsi azionari hanno ripiegato.

Quella che sembrava quindi una fase di consolidamento “stagionale” assume altri connotati se inserita in questo scenario molto complesso: con le tensioni geopolitiche il quadro macro e microeconomico non può che peggiorare e le borse, si dice, scendono. E’ una posizione ragionevole ed è rafforzata da altri elementi che confermerebbero un atteggiamento prudente.

Guardando la situazione da un punto di vista tecnico sottolineiamo che vi sarebbero, comunque, le condizioni per un miglioramento delle quotazioni azionarie. Mostriamo il grafico del Dow Jones 30 Industrial, l’indice composto dalle 30 principali aziende “industriali” statunitensi. Si tratta di un indice poco rappresentativo dell’intera economia americana ma rimane un indicatore importante per individuare il trend non fosse altro perché è composto da azioni di società che tutti i grandi e medi investitori conoscono e posseggono.

Come si vede, l’indice poggia su una trendline che parte dai minimi raggiunti nella primavera del 2020, al tempo dello scoppio del Covid, e, dopo altri minimi segnati a fine 2022, l’indice sta nuovamente testando la trendline in area 33.000.

In questa area di prezzi abbiamo quindi un supporto importante (la trendline) e anche il transito ravvicinato delle medie mobili a 50 e 200 giorni che sono ancora in modalità rialzista (la media a 50 è superiore a quella a 200) mentre, e anche questo elemento può rappresentare uno spunto positivo, gli indicatori di ipercomprato/ipervenduto e momentum forniscono segnali di possibile rimbalzo.

Ovviamente la trendline potrebbe essere violata a ribasso e, in quel caso, potremmo avere una accelerazione ribassista verso supporti posti in area 31.700 e, in caso di grande volatilità fino a 28.000, ma questo scenario è, al momento, meno evidente guardando l’analisi tecnica. Come dicevamo, lo scoppio di un conflitto non circoscritto in Medio Oriente potrebbe innescare un sell-off generalizzato e i supporti che oggi ci fanno sperare in un rimbalzo verrebbero violati dando origine a un nuovo trend ribassista o quanto meno laterale.

In conclusione, bisogna essere prudenti in questa fase così complicata ma un segnale di uscita dagli investimenti azionari non è ancora arrivato e potremmo essere invece vicini a una rimbalzo.

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